2161. Agorafilia

Millenarie ragnatele di parole

Che si espandono

Sempre piΓΉ dense, e fitte

Invadono lo spazio

Con i loro fili sottili e tenaci

Così viscosi di significati

Perfetta Γ¨ la trappola che

L’uomo tende a se stesso

Generazione dopo generazione

E deve farsi sempre piΓΉ piccolo

E agile e accorto; e forte!

Per ancora librarsi libero

Nel silenzio del vero

MetΓ  meta: meta-metΓ 

“Per quanto riguarda quella specie piΓΉ importante della nostra anima, dobbiamo pensare che il dio l’ha donata a ciascuno di noi come uno spirito tutelare, la quale, come diciamo, abita sulla sommitΓ  del nostro corpo, e ci solleva da terra verso la nostra affinitΓ  celeste”

Platone, “Timeo”

Ventidue

Eustache Lesueur. 1616-1655. ParisL’Amour recoit l’hommage de Daine, Apollon et Mercure. vers 1647. Louvre.

La dolce donna dietro a lor mi pinse 
con un sol cenno su per quella scala, 
sΓ¬ sua virtΓΉ la mia natura vinse;                                     102

nΓ© mai qua giΓΉ dove si monta e cala 
naturalmente, fu sΓ¬ ratto moto 
ch’agguagliar si potesse a la mia ala.                         105


S’io torni mai, lettore, a quel divoto 
triunfo per lo quale io piango spesso 
le mie peccata e β€˜l petto mi percuoto,                           108

tu non avresti in tanto tratto e messo 
nel foco il dito, in quant’io vidi β€˜l segno 
che segue il Tauro e fui dentro da esso.                      111


O gloriose stelle, o lume pregno 
di gran virtΓΉ, dal quale io riconosco 
tutto, qual che si sia, il mio ingegno,                            114


con voi nasceva e s’ascondeva vosco 
quelli ch’è padre d’ogne mortal vita, 
quand’io senti’ di prima l’aere tosco;                           117

e poi, quando mi fu grazia largita 
d’entrar ne l’alta rota che vi gira, 
la vostra region mi fu sortita.                                          120


A voi divotamente ora sospira 
l’anima mia, per acquistar virtute 
al passo forte che a sΓ© la tira.                                        123

Β«Tu se’ sΓ¬ presso a l’ultima saluteΒ», 
cominciΓ² Beatrice, Β«che tu dei 
aver le luci tue chiare e acute;                                        126

e perΓ², prima che tu piΓΉ t’inlei, 
rimira in giΓΉ, e vedi quanto mondo 
sotto li piedi giΓ  esser ti fei;                                            129


sΓ¬ che β€˜l tuo cor, quantunque puΓ², giocondo 
s’appresenti a la turba triunfante 
che lieta vien per questo etera tondoΒ».                        132

Col viso ritornai per tutte quante 
le sette spere, e vidi questo globo 
tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante;                         135


e quel consiglio per migliore approbo 
che l’ha per meno; e chi ad altro pensa 
chiamar si puote veramente probo.                              138


Vidi la figlia di Latona incensa 
sanza quell’ombra che mi fu cagione 
per che giΓ  la credetti rara e densa.                              141


L’aspetto del tuo nato, Iperione, 
quivi sostenni, e vidi com’si move 
circa e vicino a lui Maia e Dione.                                    144


Quindi m’apparve il temperar di Giove 
tra β€˜l padre e β€˜l figlio: e quindi mi fu chiaro 
il variar che fanno di lor dove;                                         147


e tutti e sette mi si dimostraro 
quanto son grandi e quanto son veloci 
e come sono in distante riparo.                                     150


L’aiuola che ci fa tanto feroci, 
volgendom’io con li etterni Gemelli, 
tutta m’apparve da’ colli a le foci;


poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.                             154

Dante Alighieri, “Comedia, Paradiso”