O caro fiorentin poeta, a chi rivolgesti la tua immensa illuminata opera, e a chi questa veemente esortazione per bocca d’Odisseo? Questa curiositร mi pungola e tormenta, benchรฉ giammai non avrร risposta. Conoscevi forse tu, altri che come te avean inteso il cosmo dentro e fuor d’uomo e i suoi misteri, o forse il tuo fu solo il vano appello d’un disperato da far riecheggiar nella storia affinchรฉ giungesse un dรฌ ad orecchi capaci d’intendere? Oh, compianto, quanto amaro sarebbe per te s’io potessi dicerti che nulla รจ cambiato se non in peggio. Che i nocchieri d’oggi, s’ancor n’esistono, navigan solitari, mai s’incrocen, e non han compagni altri che i marosi. Che l’omini si fan vanto e missione, di viver giustappunto come bruti, alla giornata e opportunisti come le bestie. Senza piรน nulla creare e costruire, ne per se ne per lascito ad altrui beneficio. Schiavi volontari d’ogni loro pulsione e sollazzevole capriccio, benchรฉ consapevoli d’esserne distrutti. Sicchรฉ essi sol perseguono per regola e dissiplina, altro se non vizio e ignoranza. Ancor peggio, vituperando e dissacrando e corrompendo il bello ovunque esso vien scorto. E l’anime moion cosรฌ nel grembo stesso che l’accoglie, soffocate con gentil diletto, a frotte; piรน che mai potรจ pestilenza o guerra mieter corpi nei secoli. Beato tu sei, o illustrissimo trapassato, a non dover costretto esser, mirar tal scempio d’umanitade. S’ancor cosรฌ s’ha da chiamare
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ยซOh, sciagurata virtรน! Tu non eri altro che un nome ma io ti ho adorata davvero, come se fossi vera; ma ora, sembra che tu non sia mai stata altro che una schiava della sorte.ยป (attribuita a Marco Giunio Bruto)
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